Gli anni Settanta sono un periodo complesso, cruciale per la lettura complessiva del secondo dopoguerra. Un decennio con cui si continua a fare i conti, vista la portata delle trasformazioni maturate ed esplose proprio in quel periodo, e in cui le donne ebbero un ruolo di primo piano portando una critica radicale fin dentro alle proprie vite, dove il politico dà forma alle pieghe dell’intimità.

Beatrice Pisa e Stefania Boscato sono le curatrici di Donne negli anni Settanta. Voci, esperienze, lotte. Una raccolta di saggi le cui caratteristiche sono la documentazione – inedita o analizzata qui in modo approfondito per la prima volta -, l’incrocio fra dimensione politica e sociale, il confronto tra realtà ed esperienze eterogenee.

Il volume si apre con il saggio di Beatrice Pisa sull’esperienza del Movimento di liberazione della donna, MLD. Costituitosi a Milano fra il 1970 e il 1971, si espande fino a contare 46 collettivi in tutta Italia nel ’76 ed accompagna tutto il decennio fino ad esaurirsi, come altri gruppi, nel passaggio al decennio successivo. Un’esperienza descritta dall’autrice come “velocemente oscurata tanto dal tramonto dell’età dei movimenti, quanto dalla difficoltà di affermazione nel nostro Paese di un progressismo laico”. L’autrice ne ricostruisce la proposta politica e le forme di mobilitazione, tra cui la più dirompente: l’organizzazione dell’aborto autogestito nel periodo in cui, ricordiamolo, l’interruzione volontaria di gravidanza era pratica tanto illegale quanto diffusa a livello di massa.

Con il saggio di Stefania Boscato siamo sospinte sul fronte politico opposto. L’autrice analizza la politica delle donne democristiane in un momento, per loro, “di complicato confronto con la propria identità religiosa e il loro ruolo pubblico”. Sono gli anni della riforma del Diritto di famiglia e del referendum sul divorzio, “vero e proprio spartiacque nella vita del Paese e del partito cattolico”. L’autrice mette a fuoco scelte e posizionamenti delle militanti democristiane, le cui azioni e proposte scaturiscono dalla tensione fra le nuove istanze sociali, da una parte, e dall’altra la disciplina di partito.

Patrizia Salvetti affronta il tema delle vedove bianche. Sulle donne che negli anni Sessanta e Settanta rimangono al paese quando il marito emigra in cerca di lavoro, verso il nord Italia e l’Europa in particolare, la storiografia è pressochè inesistente e difficile reperire le fonti, di cui l’autrice offre una panoramica. Dopo aver brevemente ricostruito il quadro migratorio del periodo, l’autrice analizza la condizione di queste donne, quasi 400.000 secondo una stima approssimativa. Donne che vivono in piccoli paesi, del sud Italia soprattutto, isolati e dimezzati dall’emorragia di forza lavoro maschile. Capofamiglia o capo-azienda pro-tempore, le osserviamo nei loro legami con un’economia rurale, ingabbiate da una rigida morale sessuale e da un severo controllo sociale.

Le elezioni del 1976 sono un anno di svolta per la rappresentanza femminile in Parlamento. Avviene il primo rinnovamento della classe dirigente femminile dopo le elezioni del ’48, con l’ingresso di 42 nuove elette, molte delle quali più giovani rispetto all’età media delle parlamentari. Per le donne elette c’è un incremento del 50% rispetto alla legislatura precedente, con 53 deputate alla Camera. Piccoli numeri, ma significativi e specchio di una stagione che ha profondamente modificato le abitudini sociali. E’ anche la prima volta di una donna ministra, con Tina Anselmi al Lavoro e politiche sociali. Valentina Palermo analizza biografie ed azioni delle donne in Parlamento tra il 1976 e il 1983 nei diversi schieramenti, soffermandosi in modo particolare sul dibattito parlamentare intorno alla legge 194 sulla interruzione volontaria di gravidanza ed accennando alla prima  proposta di legge sulla tutela della libertà sessuale, presentata dalla comunista Angela Bottari nel 1977 – cui altre ne seguiranno, tra cui la proposta di legge di iniziativa popolare sostenuta dal movimento femminista a partire dal convegno internazionale del marzo 1978 e presentata in Parlamento il 19 marzo 1980.

Si muove dentro e fuori la scuola l’intervento di Anna Balzarro, che indaga l’impatto del femminismo e del movimento antiautoritario sul pratiche, metodi e contenuti dell’insegnamento. Non solo la “scuola del mattino”, appunto, ma anche esperimenti scolastici legati alle rivendicazioni del movimento operaio come i corsi delle 15o ore. Una fonte importante considerata nel saggio è la rivista Effe, che ospita inchieste ed analisi sui modi della trasmissione culturale “di genere” – come diremmo oggi – e testimonianze delle insegnanti nuove che vanno trasformando se stesse in consonsanza con il movimento delle donne. Per i corsi delle 150 ore, l’autrice propone interviste a corsiste e docenti tra cui Lea Melandri, che nel 1976 dà vita a Milano al corso per casalinghe in zona Affori-Bovisa.

Il volume si chiude con un brano in cui Beatrice Pisa condensa tratti di una conversazione avuta con Paola Gaiotti De Biase in merito a questa raccolta di saggi. Una “chiaccherata informale” in cui è emerso “con più chiarezza il confronto fra generazioni e quello fra culture laiche e cultura cattolica”.

Donne negli anni Settanta. Voci, esperienze, lotte

a cura di Beatrice Pisa e Stefania Boscato
Franco Angeli, 2012
187 p., 25,00€

Testi di Beatrice Pisa, Stefania Boscato, Patrizia Salvetti, Valentina Palermo, Anna Balzarro.

E. Cir.